fuori repertorio

Negative Film # 1:
TENERAMENTE TATTICO

(2009)


















ideazione e regia Lorenzo Letizia
drammaturgia Daniele Timpano
con Daniele Timpano, Francesca La Scala
voce narrante e luci Marco Fumarola
produzione: amnesiA vivacE/Le Chant du Jour/Teatro Forsennato

"Negative Film # 1 - TENERAMENTE TATTICO" è un piccolo esperimento sulla costruzione del senso in chi percepisce. Un testo scorre per qualche minuto nel buio della sala, poi entrano in scena due persone, si collocano davanti a dei microfoni posti su delle aste. Si spengono le luci, permettendo così di vedere solo i loro volti, parte una musica, seguita da un video che mostra i due performer seduti su di una panchina... e' notte, e mentre il montaggio del video propone un'ipotesi di racconto i due iniziano a dire il testo che noi spettatori abbiamo appena letto...

Negative Film # 1 nasce dalla collaborazione tra Lorenzo Letizia, regista e videomaker, e Daniele Timpano, attore e drammaturgo.


Gli uccisori del chiaro di luna
Cantata non intonata per F. T. Marinetti e V. Majakovskij

(2005)




















Liberamente tratto da diverse opere di F. T. Marinetti e V. Majakovskij
Adattamento drammaturgico e regia di Daniele Timpano
Con Valentina Cannizzaro, Francesca La Scala, Natale Romolo, Daniele Timpano
Musiche originali dal vivo di Natale Romolo
Disegno luci di Marco Fumarola
Registrazioni audio effettuate presso il Nowhere Studio
Missaggio di Marzio Venuti Mazzi
Una produzione di amnesiA vivacE

Liberamente tratto da diverse opere di F. T. Marinetti e V. Majakovskij, Gli uccisori del chiaro di luna è una cantata a quattro voci (un attore, due attrici, un musicista) dedicata al Futurismo e ai futuristi ed all'Italia e agli italiani: una cantata dove non si canta perché non c'è più niente da cantare.
Spunto di partenza del lavoro è il riconoscimento di una condizione comune di marginalità, tanto del movimento futurista, quanto del teatro di cento anni dopo, specie quello di ricerca, quello precario ed "abusivo" dei tanti gruppi autoprodotti. I primi, di là dalla sempre roboante propaganda marinettiana sui continui successi del movimento, hanno dovuto fare i conti con la propria marginalità in una Italia che non li voleva. Per i secondi, si tratta di una marginalità che corrisponde ad una più generale esclusione delle nuove generazioni in seno alla società italiana. Gli Uccisori del chiaro di luna è dunque anche un lavoro sulla precarietà, uno spettacolo che per il tramite del futurismo parla della nostra debolezza.
Nel tentativo di capire perché il futurismo non aveva futuro.

Estratto video:





Estratti dalla rassegna stampa:


"[…] Si tratta di un passaggio interessante compiuto da amnesiA vivacE nel percorso sconclusionato della sua personale poetica. […] I testi smangiucchiati dei due poeti si fondono con musiche disturbanti e cori altisonanti in una fanfara sgangherata, dove la poetica va rintracciata - più che nei versi - nel ritmo generale che prende attori e spettatori. Proprio lì, in quell'andamento sconclusionato, in quelle trombe che partono solenni per arrivare spernacchianti, c'è il "quid" di uno spettacolo come questo. Che prosegue per la sua direzione come una vecchia crysler scassata che perde i pezzi strada facendo, ma non per questo si spoglia della sua splendente tracotanza. […] Timpano, ci ha fatto vedere un futurismo un po' stanco, un pallone gonfiato che si sgonfia, un'innovazione che si disperde nell'italianità stagnante che tutto ingoia"
Graziano Graziani - Carta

"Lo spettacolo sul Futurismo della compagnia Amnesia Vivace non è semplicemente un'operazione nostalgica e di documentazione ma è il tentativo di seguire gli sterrati poco battuti della nostra cultura e vedere se esiste ancora un luogo in cui possano condurci. […] Questo spettacolo-laboratorio mantiene una struttura aperta e incompiuta: raccontare il futurismo come un tentativo fallito in partenza eppure ancora in grado di accendere una scintilla vitale. La struttura è caotica, la recitazione spezzata, la musica disturbata e anelante al rumore, generata anche attraverso una tecnologia minimale sullo stile di John Cage. […] E' un'opera breve, veloce, un pugno nello stomaco, senza pretese eppure vivo. Stupisce la capacità di Daniele Timpano di ricavare uno spettacolo da frammenti di testi, la sua abilità fondata sul disequilibrio continuo del corpo e della voce che cercano un sostegno introvabile: questa precarietà genera un dinamismo di forte interesse.
Da citare Francesca La Scala, che riesce a filtrare con personalità delle tecniche di recitazione di repertorio."
Enrico Le Pera - Primafila

"Stridono, stridono tutti: corpi, voci, clarinetto. Si innalzano e crollano. Seguono onde maestose e invisibili. […] Cosa è rimasto della creazione letteraria dei futuristi? In una sera, riascoltiamo voci che salgono e scendono da quei percorsi, si gonfiano e si annullano, seminando scorci del romanticismo che si intende negare, mescolando citazioni e spezzoni di vita degli attori. Cos'è qui la poesia? È quel dialogo assurdo e confidenziale fra il sole e il poeta, finalmente amici; è l'aureola sbiadita e malinconica che accompagna la genialità fallita; è la compressione d'un tentativo espressivo fra un concorso pubblico e un affitto troppo caro. O è semplicemente uno scioglilingua a perdifiato, una vocalizzazione profonda di suoni, prima del crollo?"
Giorgio Merlonghi - Dramma.it


caccia 'L drago
fabula in musica per J. R. R. Tolkien

(2004)

























Spettacolo vincitore Premio
"Le voci dell'anima – incontri teatrali 2005”
di e con Daniele Timpano
musiche originali dal vivo di Natale Romolo
Disegno luci di Marco Fumarola
Aiuto regia di Valentina Cannizzaro
Produzione amnesiA vivacE

Le fiabe vanno strappate ai bambini. Ispirato e dedicato all'opera di J.R.R. Tolkien, lo spettacolo di amnesiA vivacE cerca di andare in questa direzione. In una scena scabra, essenziale, ben poco fiabesca o bambinesca, un attore racconta per l'ennesima volta la storia di un tranquillo contadino dell'Inghilterra medioevale coinvolto suo malgrado in una caccia al drago eccetera eccetera. Tra continue divagazioni, ritardi, incidenti che ne minacciano il lineare svolgimento, lo spettacolo è lo svogliato tentativo di raccontare questa storia. Una partitura musicale per nulla medioevaleggiante, anzi piuttosto novecentesca, accompagna la narrazione ed anima musicalmente gli impulsi ritmici della parola e del gesto.
Un racconto scenico per voce, corpo e pianoforte; insospettabilmente beckettiano, inevitabilmente divertente.

Musiche originali di Natale Romolo, una breve nota

Le musiche di scena di Natale Romolo, originariamente concepite per trio di fiati (flauto, clarinetto, trombone), vengono presentate nella loro trascrittura per pianoforte. In un continuo disequilibrio tra linguaggio tonale e atonalità, si alternano in scena tre forme di intervento musicale, dalla più elementare alla più relativamente complessa: abbiamo dei semplici "stacchi", con esposizione e ripetizione di temi ed accordi; dei "bordoni" evocativi sui quali, per addizione o per contrasto, si innestano il gesto e parola; delle sezioni in parte improvvisate, dove all'esecutore viene lasciata la libertà di adattare l'andamento ritmico in riferimento alle azioni dell'attore. Il preludio strumentale, di per sé un brano auto-conclusivo, enuncia una cellula da cui verrà sviluppato, durante il racconto, il successivo sviluppo musicale.


Spettacolo vincitore del premio “Le voci dell'anima 2005" con la seguente motivazione:

I
l talento di Timpano è innanzitutto nella sua capacità di ascolto. Più che un uomo è una membrana che assorbe e plasma le vibrazione del pubblico, continuo rimando di impulsi, provocazioni e attese. L'attore complementare a se stesso in un gioco di contrasti condotti con rigore estremo in cui il nucleo corpo-voce-narrato procede dalla sollecitazione di un medesimo impulso. Lo sguardo di Timpano ci cerca e ci tiene, è un torero e sa che non vi sono certezze, è astuto e non si crogiola in vuote furberie attoriali. Una ricerca lucida sull'estetica del linguaggio e sull'evento scenico che propone con una negazione al 'gia visto' cui siamo disabituati; il tentativo, riuscitissimo, di reinventare la realtà e di esplorarla, sorpreso, insieme al suo pubblico.


caccia 'L drago - il video




Estratti dalla rassegna stampa:


"Divertente e acutissimo, Daniele Timpano è scosso dai fremiti di una sana follia scenica e potrebbe apparire come la risposta anarco-dadaista all'imperversare del teatro di narrazione. Qui non c'è sfondo sociale, non si ricuce una memoria collettiva, non si concentra significato e storia nella potenza espressiva dell'attore. Semmai accade ttutto il contrario, come ricascando all'indietro in una incapacità novecentesca di costruzione sia drammaturgica che di senso, facendo precipitare l'affollato e fantasioso mondo della fiaba in una vuota stanza beckettiana."
Antonio Audino - “Il Sole 24 ore”

"Per Caccia 'L drago, suo debutto sulla scena prima del successo di Dux in scatola, Daniele Timpano sosteneva che «Le fiabe vanno strappate ai bambini». Era una dichiarazione di poetica. Timpano contrappone due opposti esiti romanzeschi. Il tema del suo racconto è appunto fiabesco, ispirato al mondo di J.R.R.Tolkien. [...] Ma ciò che a Timpano importa non è il tema. Egli dice di voler punire Tolkien, «L'evasore fiscale dalla modernità». Come punirlo se non a dosi di Joyce e Beckett? [...] Così, da smidollata marionetta liberty Timpano intraprende la sua ventura a braccia levate in alto e a capo coperto di nero, come statua del lutto. Lancia occhiate assassine. Viene in proscenio e tace. Tace a lungo. Ben più a lungo di quanto in scena, a volte, non si faccia.[...] Poi, come niente fosse, il disco ricomincia a girare. Insomma, con l'ausilio di Natale Romolo al pianoforte, Timpano distrugge il suo racconto mentre lo fa, annega nel modernismo l'antimodernismo dell'odiato Tolkien."
Franco Cordelli – “Corriere della sera”

"Caccia 'l drago avvolge lo spettatore in un gioco di complicità e divertimento: la cifra "politica" - o "civile" - appare quasi per svelamento successivo, mostrando il disagio, la solitudine, lo spezzettamento, l'afasia, di un uomo ridotto a balbettii beckettiani, a scatti improvvisi, a un girare a vuoto, ripetendo parole inutili che nascondono mondi di insondabile dolore."
Andrea Porcheddu – “DelTeatro”

"Daniele Timpano in caccia 'L drago ha dimostrato di sapere umanizzare il teatro e di possedere una forte capacità di fascinazione scenica. Ha regalato al pubblico piacere e divertimento, dimostrando di essere più bravo del giovane Fo. Una forza della natura."
Alfio Petrini - “Hystrio”


"Un ambiente angusto contro regni sterminati, un unico affabulatore contro eserciti e popolazioni rurali. Sballottolati tra la sua formidabile vis comica, una scena sospesa e una fiaba irrequieta, non possiamo fare altro che credergli."
Graziano Graziani - “Carta”

 "La magia del teatro delle piccole cose, quelle che costringono l'immaginazione a esercitarsi"
Giorgio Merlonghi – “Dramma.it”
"L'idea che si ha è quella semplice e accattivante di un bambino che gioca nella sua stanza. Il racconto rapisce e l'ironia dell'interpretazione è sottile e implacabile, seminando risate e senso di paradosso tra il pubblico."
Gabriele Linari - “Amnesiavivace.it "

"Tolkien raccontato tra un bicchiere d'acqua e l'altro, un ombrello-ammazzadraghi che rifiuta di chiudersi, un fucile trombone che punge, un mondo diviso tra la britannia e Albione [...] un allestimento che va a toccare il modo stesso del raccontare, del narrare, del rapportarsi ad una storia [...] lo scrittore britannico trasla il lettore e la storia stessa da una concreta e visibile Britannia ad una mitica, ma possibile, Albione [...] Daniele Timpano, a sua volta, effettua la sua traslazione partendo da oggetti reali, fisici, effettivamente presenti qui e adesso, per portarci in una mitica Albione in cui un semplice velo è un fucile scaccia-giganti, in cui una giacca bianca e una cravatta gialla divengono parti di un'armatura capace di resistere agli attacchi del drago [...] le armi teatrali che utilizza sono molteplici: fortissima compenetrazione tra testo, corpo e musica; composizione sonora che diviene improvvissazione e che nasce dall'empatica presenza in scena di Timpano e Natale Romolo, quest'ultimo accompagnatore musicale che interagisce scenicamente con Timpano stesso; traslazioni di tempo, spazio e senso operate da Timpano in base a precise reiterazioni verbali/rumoristiche/musicali o gestuali. La raffinata messa in scena del duo di amnesiA vivacE tocca corde che si situano su vari livelli. [...] in un continuo entrare ed uscire dalla rappresentazione [...] portato al suo estremo nella parte finale dello spettacolo [...] come stufo del già detto, come desideroso di offrirci un'altra visuale della vicenda, timpano ridiviene solamente sé stesso e ci racconta, in un atteggiamento che di teatrale ha poco, il resto della storia [...] ribaltando ogni prospettiva di senso."
Luigi Coluccio - “Close up”
"Timpano è un albero da sfrondare, un ciocco da lavorare, un tronco che cesellato emette suoni, vocali vibranti che allungano congiunzioni e legano le parole entrando a farne parte. Con i suoi tempi, dettati da una sala che sente, da un'attenzione mutabile, da una risata che trascina o un'altra che si avvia orgogliosamente in solitaria, prende forma un contadino che procede proiettando l'ombra di un gigante mentre un devoto pianista dà ritmo al loro impervio cammino. La storia è un pretesto [...] Non c'è gusto nel seguire le avventure dei protagonisti della favola che si intreccia come le mani del narratore; il godimento risiede esclusivamente nella misurazione della fatica che fa l'attore a mantenere desta l'attenzione per una storia dalla quale egli stesso non nasconde di essere annoiato. [...] Beve l'attore e scorre i capitoli traboccanti di spade ombrellate, cani bau bau, draghi ricchi e poveri re, costretti a rubare per mantenere vasto e rigoglioso l'impero. Improvvisamente, al terzo bicchiere d'acqua [...] tutto si interrompe [...] L'attore costruisce quello che l'autore non vuole edificare. La caccia ad un innocuo drago diventa una rincorsa nei confronti del pubblico che, per Timpano, deve essere cullato e sbeffeggiato, trascinato sull'onda della sua ironia per poi essere improvvisamente buttato giù dall'albero, scosso nel rotolare a terra, anticipato nelle risa e deriso ogni qual volta arriva in ritardo su un concetto chiaro solo per chi ad arte lo arriccia. [...] L'autore non rinuncia a fare capolino e combatte con un attore che vorrebbe essere libero di esprimersi con le sue stesse parole, accettando il rischio di perdersi ed annoiare in questo gioco dove il bello è capire fino a che punto l'uno ha previsto le mosse dell'altro. La sala, desta e tignosa, costringe l'attore a dichiarare la fine prima di riservargli un applauso, per non rischiare di essere nuovamente beffato da un interprete che, balbettando, imbocca nuove strade comunicative senza paura di essere inghiottito."
Andrea Monti - “Teatroteatro.it”
 
"Forse, anzi di certo, tutto quello che doveva entrarci alla fine non c'entra per niente: né la fiaba, né Tolkien, né Joyce o Beckett. Ah, la letteratura, come inganna la buona fede degli ingenui. Perché i discorsi e gli annunci spesso sono solo l'altra faccia della prostituzione che ci coinvolge tutti sulla scena grottesca del mondo, e allora accade che vai a teatro, convinto di vedere 'qualcosa', e invece non solo vedi ben altro, ma assisti alla tua stessa stupefazione mentre un folletto sbilenco che si agita sul palco ti deruba allegramente delle tue candide aspettative, del tuo patetico status di 'persona che va a teatro'. Perché può essere una fiaba a raccontarsi in scena ma può essere anche qualunque altra cosa, e l'evento teatrale, pretestuoso come ogni slancio umano, alla fine esplode in un vuoto cosmico, vinto dalla vanità delle parole, «mélange adultère de tout». Il folletto di cui sopra è Daniele Timpano, classe 1974, attore, autore e ('forse', specifica sul suo sito) anche regista del gruppo teatrale Amnesia Vivace, uno dei più spiazzanti dell'underground romano. E lo spettacolo si chiama 'Caccia'l drago', capriccioso esercizio dadaista sul canovaccio di una fiaba di Tolkien ambientata nel solito Medioevo fantastico. [...] Daniele Timpano è una marionetta impazzita, un pupo sciancato mosso da fili obliqui, da una non-volontà anarchica che recupera le piccole superstizioni segrete di quando si era bambini e ogni
centimetro di mondo pulsava di magia. Il racconto è 'esorbitante' fin da subito, si attorciglia in ripetizioni, si contorce come il corpo dell'attore sulle musiche sghembe di Natale Romano, si compiace di divagazioni, sabota la continuità logica e usa oggetti quotidiani trasfigurandoli secondo le regole di una surreale magia. Non ha visto male Antonio Audino quando ha definito Timpano «la risposta anarcodadaista » all'imperversare odierno del teatro di narrazione e dei suoi alfieri civilmente impegnati a ricucire una memoria collettiva, ad affabulare il pubblico con il racconto. L'onesta intenzione è irrimediabilmente distrutta dall'agitarsi di Timpano in scena; la storia del pacioso contadino coinvolto suo malgrado in una caccia al drago che minaccia il paese naufraga in un divertimento ghignante, assolutamente non innocente, perché sul più bello, a metà racconto, il narratore si fermerà e confesserà che lui e il suo amico musicista si sono rotti gli attributi di portare qua e là lo stesso spettacolo, di raccontare fino allo stremo quella storia che forse dà al pubblico l'impressione di stare assistendo a qualcosa, ma... «in fin dei conti chi se ne frega». E così parte un improvvisato riassunto a perdifiato di ciò
che lo spettacolo avrebbe dovuto essere e non è più, o non è mai stato, perché già dall'inizio era fatto a pezzi dai capricciosi istinti dell'istrione, che getta bicchieri d'acqua in faccia al pubblico, si 'incanta'
per cinque minuti con gli occhi spiritati costringendolo a pensare al senso stesso del proprio essere pubblico, o provoca infantilmente, al di là della benedetta 'quarta parete', strizzando l'occhio alle graziose fanciulle in prima fila. Ma il teatro non era né il racconto, né il riassunto, né il jongleur né il testo, né Tolkien né Beckett; niente eppure qualcos'altro ancora, qualcosa che non ci aspettavamo e che
Daniele Timpano ci costringe a pensare per la prima volta, al di là della finzione: smontando - come fosse lui il primo a farlo - il vieto meccanismo che regge il rito teatrale."
Fabio Pedone - “La Provincia”

Non è difficile capire come il trentaquattrenne artista romano faccia un lavoro assolutamente controcorrente (“non scuola romana” la chiama il critico teatrale Nico Garrone, che accanto a Timpano fa scorrere i nomi di Andrea Cosentino, Lucia Calamaro, Mirko Feliziani e Antonio Tagliarini, assimilati ad una nuova-nuovissima spettacolarità che se ne frega dei padri e fa a pezzi i codici). Controcorrente e antico. Sì, antico. Antico come il suo volto, che sembra ritagliato dal cinema muto, con gli occhi neri, il pizzetto e una mimica molto comica e molto tragica. Mentre il suo modo di recitare ricorda i primi radiodrammi riascoltati però a 45 giri.
[...] Timpano non fa ridere, eppure a tratti si ride. Non racconta, ma fa dei monologhi in cui accetta di farsi letteralmente vivisezionare dalle parole e dalle immagini che la sua mente febbrile ha collezionato [...] In “Caccia ‘L drago” il materiale prescelto (l’opera di Tolkien) viene decostruito e performato con la grazia straniante di un artista che lascia tutto inconcluso e non ha paura dei silenzi.”
Katia Ippaso - “Queer/Liberazione”



 
ORESTE
da Euripide
(2001 - ripreso 2003)
























drammaturgia e regia di Daniele Timpano
liberamente tratto da Euripide

 















Versione 2003
con Francesca La Scala, Daniele Timpano, Marco Fumarola, Giuseppe Tumminello, Valentina Cannizzaro, Alessandro Margari
musiche originali dal vivo di Natale Romolo eseguite da Giulio Francesconi (flauto), Natale Romolo (clarinetto), Massimo Chionne (contrabbasso) scene e oggetti di Franco Bistoni
trucco e costumi di Valeria Bistoni
disegno luci di Marco Fumarola
aiuto regia e foto di scena di Valerio Cruciani
drammaturgia e regia di Daniele Timpano
una produzione di amnesiA vivacE

 













Versione 2001:
con Francesca La Scala, Daniele Timpano, Marco Fumarola, Paolo Tontodonato, Valentina Di Odoardo, Alessandro Waldergan
musiche originali dal vivo di Marco Maurizi / MMMC
eseguite da Marco Maurizi (chitarra, voce), Marzio Venuti Mazzi (percussioni, oud turco), Massimo Chionne (contrabbasso)
scene e oggetti di Franco Bistoni
trucco e costumi di Valeria Bistoni
disegno luci di Paolo Romanucci
aiuto regia e foto di scena di Valerio Cruciani
drammaturgia e regia di Daniele Timpano
una produzione di amnesiA vivacE

 
Oreste ha ucciso la madre Clitemnestra e dal giorno del delitto giace malato e ormai al limite della follia, accucciato in uno scatolone, struttura protettiva che sta a mezzo tra una prigione e la pancia della mamma.
La sorella Elettra lo assiste. Il classico Coro greco è trasformato in un gruppo musicale che non dice una parola ma interviene con flauto, clarinetto e contrabbasso. Con un linguaggio che si rifà alle traduzioni ottocentesche, con i suoi costumi colorati in giallo e arancione, con le sue chiavi inglesi e pezzi di automobile al posto di spade e pugnali, con i suoi musicisti dal vivo vestiti da donna, dal suo "tragico" prologo al suo "comico" epilogo lo spettacolo intende da un lato marcare con gusto "contemporaneo" l'alienazione del protagonista, dall'altro evidenziare la forte componente tragi-comica dell'originale euripideo. 

La storia
Oreste ha ucciso la madre Clitemnestra e dal giorno del delitto giace malato e ormai al limite della follia. La sorella Elettra lo assiste. Entrambi attendono che la città pronunci il suo verdetto di morte. Unica speranza: Menelao, fratello del padre. Quando questi si rifiuta di aiutarli e la città li condanna, fratello e sorella, cui nel frattempo si è aggiunto l’amico Pilade, decidono di tentare il tutto per tutto.

 
Il testo originale
Nell’Oreste di Euripide abbiamo due sezioni distinte, completamente contrapposte: ad un inizio piuttosto drammatico segue un epilogo piuttosto divertente. In pratica si costruisce un’icona e la si spazza via subito con noncuranza come fosse di carta. 



Lo spettacolo
Oreste attende il verdetto accucciato in uno scatolone, struttura protettiva che sta a mezzo tra la prigione e la pancia della mamma. La storia è la medesima, si è cercato di snellire il tutto ma senza rinunciare ad un linguaggio in qualche modo "alto", che si rifà più alle traduzioni ottocentesche che al linguaggio attuale. Più in generale si è inteso da un lato marcare con gusto moderno l’alienazione del protagonista, dall'altro evidenziare la forte componente tragi-comica dell'originale euripideo. 


Musica originale dal vivo
Il classico Coro greco è trasformato in un gruppo musicale che non dice una parola ma interviene con clarinetto, flauto e contrabbasso. Parte del materiale musicale proviene dal frammento originale del primo stasimo (vv. 338-44), opera dello stesso Euripide e fortunatamente pervenutoci.


Costumi
I tre colori base dello spettacolo, arancione, giallo e bianco, vengono utilizzati per distinguere e abbinare i personaggi tra loro. Ci sono due famiglie, che poi in realtà sono due rami di una stessa famiglia divisa dall'odio: Il giallo contraddistingue Oreste e i suoi, l'arancione Menelao e sua moglie. Il bianco gli altri. Al posto di spade e pugnali, i personaggi ostentano con disinvoltura pezzi di automobile. 







Profondo dispari
(2000 - ripreso 2003)
















Drammaturgia e regia di Daniele Timpano
con Daniele Timpano e Alessandra Roca

«Un uomo è incatenato al suo attaccapanni e probabilmente non esce mai di casa. Una donna, che è forse la sua ragazza, forse sua madre o forse la madonna, una donna che ha il viso coperto da una maschera fatta con carte da gioco, cercherà di strapparlo di casa, di portarlo al ristorante. Niente da fare. Due attori e un attaccapanni, una canzone un po' all'antica che fa da tormentone, lunghi silenzi e parole, parole, parole, nient'altro. Nella scatoletta della sala, come piccoli insetti spiati dal pubblico, i nostri due piccoli personaggi vivono e muoiono il loro dramma chiusi in una monade in cui sono l'uno all'altra poco più di una televisione a colori vista da una cella senza telecomando.»


Teneramente tattico
(1999 - ripreso 2003)


















Drammaturgia di Daniele Timpano
Regia di Fiorella D'Angelo
con Daniele Timpano e Francesca La Scale
Batteria dal vivo di Simone Di Bartolomeo 


ERINNI
da Eschilo, Sofocle, Euripide
(2003)
   

con Valentina Cannizzaro, Laura Pece, Irene Tomio
musica dal vivo di Marco Maurizi
Spettacolo finale del Laboratorio teatrale e musicale "Oreste ex machina" diretto da amnesiA vivacE con gli studenti dell'Università degli Studi di Roma - La Sapienza andato in scena a Roma nel 2003 al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea di Simonetta Lux e successivamente replicato presso lo spazio Argillateatri di Vincenzo Cozzi e al Teatro della Villa di Roma nell'ambito della prima edizione della Rassegna Ubusettete.


Storie di un Cirano di pezza
(1998)


Drammaturgia e regia di Daniele Timpano
Con Daniele Timpano e Francesca Picozza 
Musiche originali dal vivo di Marco Maurizi

« Cari genitori, vi voglio tanto bene e sono molto contento che oggi è Natale e nasce Gesù bambino. Cara mamma e caro papà, a Natale non saprei cosa regalarvi e perciò vi scrivo questa lettera. Vi prego di non lavorare molto per fare bella la casa, potreste malarvi per fare la camera da lavoro di papà e rinnovare tutta la casa. Vi capisco se l’anno scorso avete rifiutato il gattino, altrimenti vi avrebbe rovinato tutta casa. Cercate di riposarvi almeno a Natale. Auguri e baci, CIRANO.»